ARTICOLI SUI FENOMENI PARANORMALI GLI STUDI SULLA PARAPSICOLOGIA

mercoledì 22 aprile 2009

Esiste il sesto senso?

Esiste il sesto senso?

... Verso la metà di febbraio 2005, numerosi quotidiani hanno dato notizia della pubblicazione di un articolo scientifico che dimostrerebbe l’esistenza del famoso sesto senso. L’articolo in questione è stato pubblicato sulla prestigiosa rivista Science e autori sono due ricercatori della Washington University a St. Louis (J.W. Brown, T.S. Braver, "Learned predictions of error likelihood in the anterior cingulate cortex", Science 307, 1118-21, 2005).

Sede del presunto sesto senso sarebbe una regione del cervello che si trova nella cosiddetta corteccia cingolata anteriore, posta tra i due emisferi. Come spiega Joshua Brown, uno degli autori, in questa zona del cervello risiede un sistema di allarme che ci avverte per tempo quando qualcosa non va o quando qualche nostra azione potrebbe compromettere la nostra incolumità; si tratta di un circuito che ci fornisce informazioni per aggiustare la "rotta" dei nostri comportamenti e metterci al riparo dai pericoli. Quindi a un esame più attento, si capisce subito che non si tratta affatto della scoperta di un vero nuovo senso. Si tratta semplicemente della scoperta di una zona del cervello in grado di elaborare in modo sofisticato le informazioni derivanti dai nostri soliti cinque sensi. Chiamare questa facoltà sesto senso appare quindi improprio.

Al di là dei nomi, tuttavia, lo studio pubblicato da Science riveste un indubbio interesse. Piuttosto curiosa è stata la procedura sperimentale adottata dai ricercatori. Alcuni ragazzi sani sono stati posti di fronte a un computer e il loro compito consisteva nel guardare un pallino, alternativamente bianco o blu, trasformarsi rapidamente in una freccia. La freccia poteva muoversi sullo schermo in due direzioni opposte. I ragazzi dovevano stare in allerta e premere un bottone a seconda della direzione presa dalla freccia. Occasionalmente però faceva la sua comparsa una seconda freccia e in questi casi i ragazzi dovevano indicare la direzione presa dalla prima freccia premendo i pulsanti in maniera invertita rispetto al solito. Questa complicazione aveva lo scopo di creare una situazione conflittuale nel loro cervello. Inoltre nel gioco vi era un trucco che però i ragazzi ignoravano: quando il pallino iniziale era blu, sarebbe comparsa la seconda freccia di disturbo con una probabilità maggiore.Dopo un po’ di allenamento i ragazzi hanno iniziato a commettere meno errori. In altre parole il loro cervello aveva intuito l’esistenza del trucco, anche se i ragazzi non ne erano per nulla consapevoli. Durante il gioco i ricercatori monitoravano il cervello dei ragazzi mediante la tecnica della risonanza magnetica funzionale (fMRI). In tal modo hanno osservato un aumento di attività della corteccia cingolata anteriore in concomitanza della comparsa della freccia ingannatrice.

Secondo Brown, da queste osservazioni si può dedurre che tale corteccia impara a sentire "odore di inganno" e si attiva avvertendo la persona di cambiare istantaneamente comportamento (in questo caso di premere il bottone opposto). Il soggetto non è consapevole di questo cambiamento imminente, ma i suoi riflessi migliorano. Questo nella vita reale significa che il sistema endogeno ha dato l’allarme in tempo per sfuggire a un errore o a un pericolo. Si tratta evidentemente di un adattamento evolutivo finalizzato alla sopravvivenza dell’individuo.

La scoperta, al di là dell’interesse teorico, sembra poter avere anche importanti ricadute in campo psichiatrico. È infatti noto da tempo che la corteccia cingolata può presentare anomalie anatomiche in pazienti affetti da patologie quali la schizofrenia e i disturbi ossessivo-compulsivi. Inoltre, secondo alcuni, la corteccia cingolata sarebbe la sede decisionale del cervello che interviene quando dobbiamo effettuare scelte cruciali e ben ponderate. Questa corteccia rappresenterebbe infine il crocevia tra ragione ed emozioni nonché la sede di ragionamenti complessi.

di Silvano Fuso - WWW.CICAP.ORG

Il sesto senso e il paranormale

Nessuno ha ancora dimostrato che sia possibile leggere il pensiero, prevedere il futuro o parlare con i defunti, ma che qualcosa di molto simile a un “sesto senso” esista è ormai assodato. Magari, in alcuni casi, sarebbe meglio chiamarlo intuito. Nelle sue ricerche sulla fortuna, per esempio, il dr Richard Wiseman ha scoperto che di solito gli scalognati, a differenza dei fortunati, prendono decisioni sbagliate, o si fidano di persone false, perché non seguono l’istinto. Si è infatti scoperto che questo tipo di intuizioni derivano in gran parte dal senso di “familiarità” di qualcosa: senza rendercene conto, cioè, preferiamo sempre le cose che abbiamo visto in precedenza. Per questo quando incontriamo qualcuno, questa persona può avere un certo “non so che” che può essere positivo e suscitare simpatia, oppure negativo e suscitare quindi diffidenza. Il sesto senso, o l’intuito, lavora insomma sulla base delle esperienze passate per aiutarci a prendere le decisioni migliori, anche se non sempre lo ascoltiamo.

Un altro aspetto del sesto senso è stato identificato da Ronald Rensink, psicologo all’Università della British Columbia in Canada. Secondo i suoi esperimenti, alcune persone sono in grado di accorgersi che una scena che stanno guardando è cambiata senza però riuscire a dire quale sia il cambiamento. Egli ha mostrato a 40 volontari una serie di foto che venivano cambiate ogni quarto di secondo; una schermata grigia separava le une dalle altre. Talvolta l'immagine era la stessa mentre in alcune prove veniva alternata con un'altra uguale ma leggermente modificata. In questo secondo tipo di test, circa un terzo dei volontari riferivano di “sentire” che l'immagine era diversa, prima di potere effettivamente capire quali fossero i cambiamenti apportati. «Credo che questo esperimento la dica lunga sul perché tante persone credono a un sesto senso» spiega Renskink che si dice convinto di poter esplorare con la PET le aree cerebrali coinvolte dal fenomeno, anche se non ha ancora idea di come si possa spiegare sul piano neuro-fisiologico.

Qualcosa di simile era successo anche con il “blindsight”, o “visione cieca”, un fenomeno di cui solo recentemente sono stati compresi i meccanismi fisiologici. Si tratta di una percezione che avviene attraverso gli occhi ma di cui non si è coscienti. In altre parole, chi è cieco in seguito a un ictus o per traumi alla corteccia cerebrale del lobo occipitale dice di non vedere ma è smentito dal suo stesso comportamento. Questa visione residua, un vero e proprio senso nascosto, si spiega con il fatto che la vista segue un percorso diverso da quello solito. «Gli esperimenti» spiega Sergio Della Sala, neurologo all’Università di Edimburgo, «dimostrano che se la lesione cerebrale non ha lesionato il mesencefalo, l’immagine percorre un sentiero alternativo che parte sempre dalla retina, passa dal collicolo superiore (che si trova nel mesencefalo) e arriva alla coreteccia extrastriata, una zona che circonda l’area visiva primaria». Lì verrebbe registrata l’immagine, anche se in modo non cosciente.

Massimo Polidoro - WWW.CICAP.ORG


http://www.corsodireligione.it/religioni/paranormale/paranorm_2.htm

Nessun commento:

Posta un commento